Immaginazione contro la guerra
Guerra e capitalismo sono due termini che vivono una strana simbiosi: l’uno alimenta l’altra, l’altra cerca di instaurare l’uno. Un balletto continuo e piuttosto perverso che ha l’effetto deleterio di un pick-nick cafone che culmina sempre in una marea di rifiuti abbandonata in mezzo al verde. Peccato che nella vita reale quelli che vengono considerati e trattati come spazzatura siano esseri umani, per lo più invisibili, ma costretti loro malgrado a ricoprire il ruolo imposto di vittime.
Questa danza macabra produce per reazione notevoli esempi di arte critica politica che anche a distanza di anni rimane tristemente attuale e significativa. Tra gli ottimi esempi va citato Art Young, autore statunitense che a inizio del secolo scorso si distinse come cartoonist pubblicando sul The Saturday Evening Post ma soprattutto comparendo su The Masses, rivista indipendente di sinistra portatrice sana della poetica irriverente del Greenwich Village newyokese ed altamente attiva nel proprio contesto sociale.
Dall’immagine fissa si passa a quella in movimento ed anche qui gli esempi non mancano:
Una tombe per le lucciole di Isao Takahata, Gen di Hiroshima di Mori Masaki e praticamente tutta la filmografia di Hayao Miyazaki; lasciando il Giappone troviamo Quando soffia il vento di Jimmy T. Murakami e Valzer con Bashir di Ari Folman, Ancora un giorno di Raúl de la Fuente e Damian Nenow. Ma la lista verrà sicuramente implementata.
Concludo questo piccolo escursus con due animazione brevi: la prima, dal titolo Les Temps morts, realizzata dal dinamico duo Renè Laloux e Roland Topor, autori già citati in in un precedente articolo. Sfruttando tecnica mista alternano immagini di repertorio, riprese originali e illustrazioni, alla ricerca di una risposta plausibile e soddisfacente alla domanda: “cos’è l’uomo?”.
La seconda, dal titolo Konflikt, è realizzata interamente in stop-motion dall’animatore sovietico e russo Garri Bardin, che nel 1988 vince la Palma d’Oro al festival di Cannes per il cortometraggio Fioriture.
Se le azioni definiscono chi siamo, non ne usciamo molto bene in quanto a specie. Non credo serva aggiungere altro.