Black Hole di Charles Burns
Non esiste vita più difficile e sbandata di quella di un adolescente. Passaggio obbligato verso l’età adulta, vittime della narrazione e della supponenza di chi questo passaggio lo ha già compiuto. Come in tutti i racconti per ragazzi, lasciarsi alle spalle la giovinezza prevede il pagamento di un grosso pegno e spesso comporta l’incapacità di ricordare, come ci si sentiva, a cosa si credesse e quanto importanti erano quelle giornate colme di dolore e meraviglia.
Charles Burn ha iniziato nel 1995 questo fumetto e lo ha completato nel 2005 (per un totale di 12 numeri che qui sono integralmente raccolti), ambientandolo nella Seattle di metà anni Settanta. I protagonisti sono un gruppo di adolescenti vittima di una strana malattia che causa in loro bizzarre mutazioni. Ma non ci sono superpoteri, non c’è niente di fantastico, solo la paura di essere diversi e rifiutati.
Il “buco nero” del titolo è la più classica delle classiche finestre spalancate sull’abisso dell’animo di un’intera generazione; un luogo oscuro che non lascia filtrare alcuno spiraglio di luce ma da cui striscia fuori una storia che si confronta con la perdita dell’innocenza che prima o poi tocca a tutti.
Il pesante bianco/nero di Burns toglie tutte le zone di grigio, suggerendo un confronto netto e spesso impietoso tra le generazioni, ma in atto anche all’interno di esse. Gli “altri” sono spaventosi sempre e comunque.
Violenza, sesso, orrore, paura vengono amalgamati ad ogni capitolo attraverso una simbologia più o meno esplicita, che ad ogni vignetta ci chiede di venire decifrata. Una richiesta silenziosa come uno sguardo in macchina, come un messaggio d’aiuto di chi non capisce fino in fondo cosa gli stia succedendo né perché.