Segnali di Fumo. Watchmen
Perché annacquarsi di parole per descrivere un classico; potremmo chiuderla qui, senza aggiungere molto altro. Ma le opere seminali hanno la brutta abitudine di solleticare la curiosità e di continuare a stimolare discussioni.
Essendo “il colpo di scena” il filo conduttore di questo mese, abbiamo scelto Watchmen in quanto esso stesso lo è stato quando, poco dopo la metà degli anni Ottanta, ha trascinato giù dai loro piedistalli gli eroi in calzamaglia che per quasi cinquanta anni se la godevano indisturbati. Nuovamente con i piedi per terra, ora erano costretti a sporcarsi le mani aggirandosi in mezzo alle persone comuni, sbattendo qua e là come falene impazzite, ma continuando a causare danni inimmaginabili. In continuità con il pantheon della mitologia greca, i super restituivano un’immagine fedele dell’umanità con i suoi pregi e i suoi difetti, ma erano soprattutto le debolezze a risultarne enormemente amplificate ed ora erano sotto la lente di ingrandimento.
Per chi non la conoscesse, Watchmen è una miniserie a fumetti scritta da Alan Moore e illustrata da Dave Gibbons, per la DC Comics, tra il 1986 e 1987. Personaggi originali, mai comparsi in altre storie, con chiari e ovvi rimandi al nostro universo fumettistico, vivono una realtà ucronica nella New York del 1985. Super a parte, tutto il resto è trattato con grande realismo: sentimenti, paure, fissazioni e complotti rispecchiano fedelmente un clima di sfiducia e sospetto che si era diffuso durante la Guerra Fredda.
Oggi siamo consapevoli che c’era il mondo del fumetto prima e dopo Watchmen, che un modo diverso di osservare i supereroi era possibile, più maturo, più complesso e più problematico.