Ode al buco nero. Le difficili relazioni sociali nel mondo contemporaneo secondo Renee Zhan
Vi siete mai chiesti come nasce un buco nero? Ebbene, finalmente otterrete la risposta alla quale agognavate.
L’universo è una pantagruelica danza; un eterno movimento inarrestabile che tende al mutamento perpetuo e nel quale la staticità è una condizione innaturale. Eppure, la vita stessa ad un certo punto, troppo innamorata delle sue creature, iniziò a temere la loro caducità. Preda di un’eccessiva apprensione, vittima delle sue stesse paure, ingoiò tutto quello che la circondava e che aveva creato, per salvarlo dalla morte. Affinché tutto rimanesse immutato, decise di nasconderlo nel luogo più sicuro e prossimo che conoscesse, dentro sè stessa.
E divenne buco nero, madre troppo gelosa dei suoi figli, al punto da impedir loro di vivere; l’amore si era trasformato in angoscia e così divenne la propria negazione. La vita iniziò a danzare all’indietro finchè il tempo si fermò.
Fortunatamente il buco nero covava al suo interno una singolarità, la vera protagonista di questo musical animato, che risvegliatasi dal suo torpore, cercò la via per uscire dal pozzo e poter incontrare la vita per convincerla a riprendere il suo giro, ma dal verso giusto. Siccome ogni azione presuppone una reazione o se vogliamo, delle conseguenze, quando la vita ricomparirà lo farà anche la sua controparte.
Questo è solo l’ultimo lavoro della regista e animatrice sino-statunitense (ma residente in Inghilterra) Renee Zahn. La sua esperienza artistica è iniziata quasi 10 anni fa con la storia (vera!) degli abitanti di un acquario qualunque, Fish Juice. Un cortometraggio muto che occhieggia al cinema delle origini (dopotutto i pesci non parlano) e che già contiene il germe dell’umorismo grottesco della sua autrice, che si svilupperà e stratificherà maggiormente nel lavoro seguente, Pidge che ha per protagonista un piccione in crisi esistenziale aspirante suicida. Entrambi i cortometraggi sono realizzati ad acquarello, tecnica che non verrà abbandonata nemmeno nelle opere seguenti, ma anzi sarà affinata ed arricchita da sperimentazione e utilizzo di tecniche miste, come è avvenuto in O Black Hole!
Il 2016 consacra il raggiungimento di una certa maturità artistica con Hold Me (Ca Caw Ca Caw), il progetto di tesi universitaria che miete successi di festival in festival (Locarno Film Festival, SXSW, Slamdance,…). I temi affrontati sono sempre di carattere esistenziale e relazionale. Un aspetto che deve stare molto a cuore all’autrice e che tocca con un grande sense of humor, spirito caustico e una spruzzatina di divertito orrore.
Se Pidge sostiene di non perdere tempo a compiangersi o arrovellarsi, perché la sciagura può essere sempre in agguato, Hold Me (Ca Caw Ca Caw) è ancora meno conciliante e ci sbatte in faccia un verità scomoda, ovvero che alcune relazioni portano ad un vicolo cieco. Tutto questo viene rappresentato in un modo per nulla scontato: polli giganti, pesci cannibali, piccioni sovrappeso, inutili uomini insaziabili. Tutti sono espressione animata della visione del mondo dell’autrice che mette prima su carta e poi su video buona parte di sé.
A coronare questa immersione autoriale c’è Reneepoptosis, autoriferimento massimo con lei dichiaratamente al centro: l’autrice di ieri, oggi e domani, impegnata a cercare sé stessa, le sue radici culturali o forse Dio. Il mito della creazione è ancora sotto la lente d’ingrandimento e la forma della scoperta di sé è data ancora una volta dal viaggio. Lo stile impiegato è ancora il suo prediletto, l’acquarello .
In tutti i suoi lavori la colonna sonora riceve un’attenta e certosina costruzione a corollario delle voci narranti che si incastonano perfettamente in questi deliziosi e divertenti racconti brevi esistenziali.
Gustarsi i lavori di Renee è un piacere che non lascia indifferenti.
O black hole, please don’t lament, we’re just dreams that the universe dreamt
Oh Black Hole!
UK, 2020, 16′
Reneepoptosis
JP/USA, 2018, 10′
Hold Me (Ca Caw Ca Caw)
USA, 2016, 12′
Pidge
USA, 2014, 5′
Fish Juice
USA, 2013, 3′