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THERE WILL COME SOFT RAINS

“There Will Come Soft Rains” è una visione post-apocalittica che attraversa quasi tutto il secolo, con l’obiettivo di ricordarci che siamo polvere.

Era il 1918, il mondo era scosso dalla Prima Guerra Mondiale e mentre la Germania si apprestava a lanciare la sua offensiva di primavera, la poetessa americana Sara Teasdale, pubblicava sull’Harper Monthly Magazine “There Will Come Soft Rains”, un poema lirico inneggiante la pace, ma anche una rappresentazione post-apocalittica degli effetti deleteri della brama di potere e delle conseguenze della guerra.

Trent’anni più tardi, e solo una manciata di anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, quando il mondo si era ormai diviso in due schieramenti, uno dei massimi autori del genere fantastico, l’autore americano Ray Bradbury,  pubblicava un racconto breve prendendo in prestito titolo e suggestioni.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, la circolazione culturale tra Est e Ovest era difficoltosa. Censura e propaganda assumevano diverse forme a seconda di dove ci si trovava rispetto al confine tra di due fronti. Da un lato c’era la paura maccartista per i sobillatori rossi e dall’altro il perverso nemico consumista che plagiava le menti.

Nonostante tutte le difficoltà e i rischi, gli appassionati di fantascienza riuscivano a far circolare alcune copie dei romanzi dei grandi esponenti del genere provenienti da oltreoceano. Grazie soprattutto alla passione di quanti si riunivano nei fan club che si erano venuti a creare a partire dagli anni Cinquanta. Nella Germania dell’Est, nei tardi anni Sessanta, questi club erano molto  ben organizzati e comunicavano tra loro anche con la produzione di fanzine.

Nel 1969 a Dresda veniva fondato lo Stanislaw Lem Club. Purtroppo dopo soli 3 anni finiva sotto l’occhio indagatore della Stasi e tutti i membri vennero tenuti sotto stretta sorveglianza. Questo portò alla sua fine nel 1972. Finalmente, negli anni Ottanta, i confini diventano permeabili e alcune barriere crollano.

Nel 1984, il regista russo Nazim Tulyakhodzayev, realizza l’adattamento animato del racconto di Bradbury. La storia inizia alla vigilia del nuovo anno, un 2027 in cui l’umanità è assente, probabilmente nuclearizzata. Di lei rimangono solo cenere e una casa, perfetto esempio di domotica, che continua a funzionare nonostante non ci sia più nessuno ad abitarla. Baluardo ad imperitura memoria della presenza e dell’ingegno umani, viene distrutta con una fragorosa esplosione dopo che un uccello entra attraverso il vetro sfondato di una finestra.

Tutte e tre le versioni mantengono il tono apocalittico, anche se la versione russa è la più cupa delle tre: dove la poesia della Teasdale si chiude azzerando ogni antropocentrismo e anzi  sottolineando come la Terra nemmeno si accorga del nostro passaggio, Bradbury sembra voler congelare eternamente un attimo. Dal lato suo Tulyakhodzayev riporta l’uomo, nonostante la sua assenza, al centro di tutto, ma solo per rinfacciargli le proprie azioni e ricordargli tutta la distruzione che ha causato.

There will come soft rains and the smell of the ground,
And swallows circling with their shimmering sound;
And frogs in the pools singing at night,
And wild plum trees in tremulous white;
Robins will wear their feathery fire,
Whistling their whims on a low fence-wire;
And not one will know of the war, not one
Will care at last when it is done.
Not one would mind, neither bird nor tree
If mankind perished utterly;
And Spring herself, when she woke at dawn
Would scarcely know that we were gone.
(Sara Teasdale)

There Will Come Soft Rains (Budet laskovyj dozhd)
Nazim Tulyakhodzayev
Uzbekistan, 10′ – 1987

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