L’ultimo calore d’acciaio
La Cappella Underground
L’ultimo calore d’acciaio racconta il passaggio dall’industria pesante – che ha caratterizzato la produzione del XIX e del XX secolo – alla logistica gestita da sistemi digitali. Byte, containers, colletti bianchi e silenzio sostituiscono fuoco, polvere, sudore e schianti.
Non è soltanto la mera narrazione di una trasformazione urbanistica tendente alla sostenibilità e alla conversione della metallurgia in energia pulita, quanto il racconto dei cambiamenti sociali legati allo sforzo di adeguare i contesti a nuove forme di produzione, più pulite anche se forse più anonime.
La storia ha un nome e cognome: è quella della Ferriera, il famoso impianto siderurgico di Trieste, chiuso dopo 123 anni e numerosi passaggi di proprietà, fino all’ultima acquisizione, da parte del Cavalier Arvedi. La fabbrica del capoluogo giuliano, per il ruolo che ha avuto nell’economia e nella società del posto, è scelta a simbolo, ma non è un evento unico. Dovunque siano in atto metamorfosi di questa natura possono svilupparsi vicende analoghe, da una remota regione della Cina a un polo industriale indiano, dal Sud Est asiatico alla Pennsylvania.
Il documentario si svolge nell’arco di una giornata e si dipana lungo un itinerario poetico e di forti suggestioni, con attenzione al rapporto uomo-macchina, intervallato dalle testimonianze degli operai, degli altri protagonisti della trasformazione e di esperti del settore.
Il documentario si fonda su immagini inedite, avvalorate da un attento equilibrio nelle testimonianze raccolte. Il film è ambizioso: vuole raccontare di macchine, altoforni, inquinamento e uomini duri attraverso la delicatezza di un tono poetico e – narrando della fine di una esperienza come la Ferriera – a tratti malinconico. C’è una parte intermedia per la quale si è fatta una scelta più giornalistica e meno autoriale per consentire la contestualizzazione dell’impianto siderurgico nella città e nelle dinamiche sociali di questa. E per descriverne la controversa storia, dall’appoggio incondizionato della politica e dei cittadini alla condanna totale, pochi anni dopo, fino a decretarne la chiusura.
Regia Francesco De Filippo, Diego Cenetiempo
Soggetto e sceneggiatura Francesco De Filippo
Fotografia e montaggio Diego Cenetiempo
Riprese drone Michele Pupo
Suono Emiliano Gherlanz